Di solito i bruchi sono nominati come vero flagello di orti e coltivazioni, ma ce nè uno che ha regalato e ragala all’uomo il filo di uno dei più bei tessuti naturali: la seta.
Vediamo, ora, come l’abbiamo conosciuto e come si fa ad usare questo suo prodotto che è sottile come i fili di ragnatela, ma fortissimo, morbido e lucente.
Nella Cina antica (oltre 5000 anni fa) i cinesi avevano conosciuto, apprezato ed imparato ad allevare questo strano insetto, la cui farfalla non vola, non mangia (è senza bocca ne tromba aspirante) è insignificante, tozza e giallognola, vive pochi giorni e prima di morire depone le uova (in natura sulle foglie del gelso, negli allevamenti su teli che serviranno per incubare le migliaia di minuscole uova con una temperatura costante di 20 25 gradi).
Quando i cinesi conobbero questo insetto il tempo non scappava come adesso,
si aveva la possibilità di studiare la natura e i suoi abitanti con tranquillità,
non solo, ma conoscerne i segreti e saperne sfruttare i benefici.
Si potè capire che i gomitoli strani dei quali quelle brutte farfalle si servivano
per trasformarsi erano conformati con fili morbidi, resistenti, molto piacevoli
al tatto.
Pazientemente studiarono come svolgere il filo di questo gomitolo e lo filarono,
ottenendo un tessuto lucido, morbido e caldo che teneva i colori e col quale
si confezionavano i vestiti (Kimono) più belli per i gran Kan e le persone
più importanti della corte cinese.
Essendo stati i primi i cinesi non anno avuto esperienze precedenti per trattare
in modo ottimale la seta, pur essendo ottimi tessitori di tale prodotto, ma
i loro vicini i Giapponesi, molto tempo dopo, ma prima ancora di Marco Polo
conoscesse la seta cinese i il suo gran Kan si appropriarono della scoperta,
allevarono e acudirono i bachi, evitando gli errori e sfruttando le conseguenze
profonde che i cinesi si erano fatte con il passare dei secoli, sul baco da
seta.
Così i giapponesi riuscirono a fare del prodotto di quel baco il filato e il tessuto più bello che si potesse vedere. Ma noi italiani, grazie al senso del lusso e del bello dell’ imperatore romano Giustiniano a Costantinopoli siamo riusciti a superare anche i giapponesi per quanto riguarda la bellezza e la finezza dei tessuti di seta e grazie ad alcuni monaci persiani che erano arrivati a Roma venendo dalla Cina con dei tessuti di seta per commerciarli ( siamo circa nel 550 d. C. ).
L’ imperatore Giustiniano che comperò quelle sete non si fermò al solo acquisto
ma volle saperne di più sul prodotto e, visto che di gelsi ( mori ) ce n’
erano anche nel grande impero romano volle che due monaci ritornassero in
Cina per trafugare, in qualche modo, le uova dei bachi da seta, ( cosa pericolosissima
che veniva con la morte dai cinesi, gelosissimi del loro prodotto ) per poterne
fare lui stesso un manufatto italiano.
I monaci tornarono con un piccolo bastone di bambù cavo pieno di uova di
bombo di moro e con le istruzioni necessarie per allevare i bachi, dipanare
e filare i loro preziosi bozzoli.
Questo si inizio alla corte di Giustiniano a Costantinopoli ma l’ artigianato
della seta si sviluppò ben presto e, proprio in Italia settentrionale ebbe
il suo massimo sviluppo visto il clima ottimale sia per la schiusa delle uova,
sia per la qualità dei gelsi e grazie anche all’ apporto dell’ esperienza
di Marco Polo descritta nel “Milione”.
I discendenti di questi bachi, viaggiatori in incignito dettero seta bellissima
fino ad oggi, seta scambiata e commerciata dall’ Italia sia con la Cina che
con il Giappone.
I giapponesi,infatti,sono fra i maggiori clienti delle nostre industrie di
Como che vantano il manofatto migliore di tutti produttori di seta.
Ma veniamo ora al nostro baco, bombo del moro, dal nome volgare del gelso
moro, i cui frutti sono, appunto, le more.
Questo bruco si nutre solo di foglie di gelso, perché solo con i succhi di
queste foglie, elaborate dal baco da seta si riempono due serbatoi ai lati
del corpo del bruco.
Questo liquido, al momento opportuno, verrà emmesso da due forellini situati
nella parte inferiore della bocca dell’ insetto. I due fili, sottilissimi,
che ne risultarono, si uniscono e si solidificano dando origine al filo di
seta. Prima di arrivare a questo, però, bisogna sempre che quando nasce, il
baco è piccolissimo come una virgola ma voracissimo, giorno e notte foglie
di gelso.
In sei settimane di crescita 40,000 bachi mangiano circa 1000 chili di foglie
di gelso.