L'albero
racconta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le classi del Comune di Sesto San Giovanni - 1g - media Forlanini
seconda uscita - 23 maggio 2002

Ecco la storia che la 1g ha ideato al Parco, ha perfezionato in classe e ha finalmente rappresentato al Parco Nord, in occasione della seconda uscita.
Per vedere le scene della storia - ovvero i disegni - e per leggere la storia stessa, clicca sulle piccole immagini qui sotto.



Mi chiamo Fabrizio, ho 12 anni sono abbastanza alto e ho i capelli biondi. In una mattina di primavera, il sole splendeva nel cielo riscaldando il fieno della cascina di mio nonno.
Decidemmo, io e i miei amici, di giocare a nascondino perche' questa aveva molti posti dove potevamo nasconderci. Qualcuno si nascose nel fieno, qualcun altro tra le mucche e qualcun altro ancora nelle diverse stanze da letto. Io, però, avevo un posto segreto che nessuno aveva mai visto: la soffitta.
Era formata da pareti di legno marcio, rivestito di cemento, e il tetto, ai due lati, scendeva fino a toccare il pavimento.
La soffitta era piena di scaffali impolverati; in fondo alla stanza, dietro una cassa, s'intravedeva un libro con la copertina raffinata, ma piena di polvere.
Preso dall'eccitazione, ho chiamato i miei amici, i quali, pensando che stessi male, arrivarono tutti di corsa.
Andrea, un bambino basso e cicciotto, chiese: "Come stai Fabrizio ?" , e io risposi : "Sto bene, ho solo trovato una cosa". Questi, incuriosito, mi chiese: " Che cosa?".

Io, che nel frattempo avevo preso tra le mani quel volume e cercavo di togliere un pò di polvere, risposi: "Un vecchio libro di fiabe, credo che appartenga a mio nonno" . Intervenne Lucia, una bambina molto carina con le treccine e le lentiggini: " Perchè non ci facciamo raccontare la storia del libro da tuo nonno?" .
Io entusiasta della proposta, risposi : " Ok , va bene!".
Allora andammo da mio nonno e gli chiedemmo tutti in coro: " Signor Beppangelo ci può leggere la storia di questo libro?"; lui, prima un pò annoiato, ma poi intenerito dai nostri sguardi imploranti, disse : "Va ben , picciriddi, ma ad una condizione: non mi dovete interrompere". Tutti insieme rispondemmo: "Si , signor Beppangelo".

Si avviò verso la campagna che circondava la cascina, noi lo seguimmo e lui ci portò sotto un vecchio castagno. Mio nonno aveva 87 anni, ma aveva lo spirito di un bambino di 10 anni. Era calvo, pieno di rughe, molto alto e aveva qualche ferita di guerra, perchè aveva partecipato alla Seconda Guerra Mondiale. Sotto il vecchio castagno, il nonno ci fece sedere e cominciò a leggere la storia; noi restammo ad ascoltare in silenzio e con attenzione.

Iniziò così in una mattina di maggio, che sembrava del tutto normale: il turno del guardiaparco Luca Randazzo era finito e quello di un altro guardiaparco, Vincenzo Magni, era incominciato.
Vincenzo era un guardiaparco un pò tarchiato, alto circa 1 metro e 80, molto rigido per quanto riguardava il rispetto delle regole.
indossava la sua uniforme, un cappello con visiera e degli stivali neri; aveva due occhi azzurri che sapevano lanciare occhiate penetranti e furibonde allo stesso tempo.
Pattugliando qua e la' inciampò in una radice, cadde e quando rialzò la testa, vide scappare due uomini : uno alto e magro, indossava un paio di jeans neri e un giubbino di pelle anch'esso nero; non aveva barba e i capelli erano di colore scuro.
L'altro , invece, era un pò più grassottello, era vestito come il suo amico, ma portava un paio di occhiali da sole.

Due strani personaggi stavano dirigendosi verso l'uscita, quando sentirono una voce autoritaria che gridava : "Ehi voi! Fermatevi". Era il guardia parco che aveva notato i loro atteggiamenti strani, ma i due furfanti, colti in flagrante, cominciarono a ridacchiare in modo sospettoso e a scappare verso l'uscita; il guardia parco, che era all'oscuro della trappola da loro preparata, cadde nel loro tranello.
La trappola consisteva in una buca circolare scavata nel terreno, con una profondita' di oltre 2,5 metri; la superficie era ricoperta d'erba, in modo che chiunque ci fosse passato sopra sarebbe caduto andando a finire in un tunnel buio.
Queste due persone, per fare in modo che nella trappola ci cadesse la guardia del parco, avevano attirato la sua attenzione mettendosi a rompere dei rami da un albero.

Quando Vincenzo cadde nella trappola, si mise a piangere e ad urlare perchè non sapeva dove si trovava.
Dopo pochi minuti, calmatosi e facendosi coraggio, inizio' a guardarsi intorno, cercando di scorgere qualcosa che potrebbe aiutarlo ad uscire da li.
La trappola era stretta e buia, ma Vincenzo, grazie ad una tenue luce che veniva dall'alto, scorse una porticina piccola e fatta di legno; vi si avvicinò, provò ad aprirla incuriosito per ciò che si nascondeva dietro. L'aprì e vide, con gran meraviglia, un mondo sotterraneo abitato da tante piccole formiche.
Rimase senza fiato per la scoperta che aveva fatto e per ciò che aveva davanti agli occhi: strade, casette, una città popolata da formiche operose ed efficienti, ognuna intenta al suo lavoro con serietà e scrupolosità.

Passato l'iniziale stupore, un dolore atroce lo preoccupò: si accorse di avere la caviglia sinistra slogata. Nei paraggi vide l'infermiera e , zoppicando , la raggiunse. Li c'erano tante formiche infermiere che andavano da tutte le parti con i loro carrelli. Il guardia parco cercò di comunicare con qualcuno, ma nessuno lo ascoltava, era come se lui non esistesse. Allora, preoccupato per la sua caviglia, rubò una benda da un carrello e si fasciò. Con la benda sentì che il dolore si era alleviato, così uscì alla scoperta di questo mondo a lui sconosciuto.
Appena uscito, si rese conto di non essere nel suo mondo abituale; l'ansia e la preoccupazione sostituirono la curiosità iniziale, non sapeva cosa fare, restò come pietrificato, Si rese conto, però, che quello non era l'atteggiamento ideale, quindi, si tranquillizzò e decise di ideare qualcosa per ritornare a casa e, intanto, di fare una nuova esperienza scoprendo questo fantastico luogo.

Girò per negozi, bar, scuole e farmacie, pensando: "Certo che sono ben organizzate! ". Ad un tratto vide la caserma delle formiche carabiniere e , mentre la stava osservando, un gruppo di loro, agitate, ma allo stesso tempo spaventate dall'intruso, lo afferrarono e lo portarono in un posto segreto: una cella umida, con i muri di fango e le sbarre di stuzzicadenti.
Vincenzo, confuso e innervosito, si sedette a terra, appoggiando al muro, immerso nei suoi pensieri: si chiedeva per quale motivo si trovava lì e come avrebbe fatto a spiegare alle formiche chi era e che per disgrazia si era trovato nel loro mondo, ma ad un tratto il muro crollò.
Dall'altra parte della parete, c'era una stanza uguale alla sua, ma al centro del pavimento c'era una pozza d'acqua dalla quale si sprigionava una luce accecante.
L'uomo, incuriosito, si avvicino', immerse la sua mano nell'acqua gelida, tento' di afferrare l'oggetto misterioso , vi riuscì, tirò fuori la mano e vide una pietra....

La pietra, trovata da Vincenzo Magni, era coloratissima, brillante e custodiva dei poteri magici che lui non conosceva.
Mise la pietra sul petto e, magicamente da essa uscirono due fili che si legarono al suo collo ; poi venne avvolto da una nebbia intensa, sentiva girare la testa e comincio' a barcollare, ma si riprese subito; pensò che non c'era altro tempo da perdere, sfondò il muro che dava l'accesso all'esterno della prigione e si addentrò in questo mondo inverosimile.

Scoprì che grazie alla pietra magica in suo possesso, riusciva a capire i discorsi delle formiche che parlavano tra loro. Vincenzo , di fronte a questa assurda situazione, era stupito e confuso, ma ancor di più lo era quando una formica gli domandò : "cosa ci fai qui umano ? come ti chiami? ". Balbettando le rispose: "io sono Vincenzo Magni, sono un guardia parco del Parco Nord di Milano. Purtroppo sono caduto in una trappola fatta da briganti e sono atterrato qua giù; mi potresti aiutare ad uscire da qui?" . La formica credette alle sue parole e con grande altruismo decise di aiutarlo, dicendogli : " Si, certo, ma ti devi mettere ranicchiato. Non aver paura, non ti farò del male"
Lui annuì si mise in quella buffa posizione, chiuse gli occhi, e la formica lo risucchiò, sputandolo su per il tunnel dal quale era arrivato.
Quando apri' gli occhi si ritrovò, sorprendentemente, nel punto in cui era caduto: sul margine della buca.

Tutto felice, Vincenzo incominciò a passeggiare nel prato, ma ad un certo punto, vide appoggiato ad un albero un enorme bruco che stava dormendo.
Il brucone riposava profondamente addormentato sotto una quercia molto vecchia, folta di rami e foglie, con un tronco largo e rugoso per i suoi numerosi anni di vita, che gli facevano ombra e fresco.
Il brucone era lungo e con un colore variegato che andava dal viola ad una sfumatura verde.
Pur avendo una grande mole, era molto buono e socevole; di solito aveva una faccia molto riposata per le sue lunghr ore di sonno e si svegliava solamente per andare a brucare presso i cespugli o gli alberi sotto cui dormiva.
Il guardiaparco svegliò bruscamente il bruco, perché voleva capire se quella pietra magica gli permetteva di parlare con tutti gli animali.
Il bruco, inizialmente, si agitò, poiché un uomo gli rivolgeva la parola e lui riusciva a capirlo; poi, tranquillizzandosi, ascoltò attenramente l'avventura di Vincenzo che fremente e desideroso di parlare, iniziò a raccontare.
Alla fine del racconto, con una faccia stupefatta, pensando che non si erano neanche presentati, il bruco disse: "Mi chiamo Gigione il brucone", ed il guardiaparco rispose:"Io Vincenzo Magni", e tutti e due in coro dissero:"Piacere di conoscerti"".
Vincenzo, poi, lo salutò in fretta perché voleva trovare altri animali con cui parlare.
Quello stesso giorno, però, successe qualcosa di ancora più strano: i rami della quercia alla quale si era appoggiato il bruco, si mossero, toccandosi appena e, a poco a poco, il movimento si amplificò; poi sentì un ronzio e, infine, dopo che Gigione su fu riaddormentato, si sentì un tonfo sordo.
Il bruco si svegliò di soprassalto, spaventato scorse tra i rami un'enorme macchia nera, con becco lungo e arancione e con due zampe molto lunghe: era un corvo ansioso di scendere dalla quercia. Il corvo portava una borsa da postino a tracolla di cuoio con sopra degli adesivi provenienti da tutte le parti del mondo. Il corvo, tra le tante buste, ne prelevò una abbastanza grande, indirizzata al bruco e, con voce solenne, parlò:"Questa é una lettera per il Signor Bruco del Parco Nord, é lei?; il bruco rispose:"Sì, sono io, ma vorrei sapere chi é il mittente".
Allora il corvo scocciato ribatté: "Sulla busta c'é solo il nome del destinatario, e non so altro".
Così dopo avere consegnato la busta al bruco, il corvo spiccò il volo.
Il bruco, allora, aprì la busta, osservò lo spessore della carta giallognola un po' stropicciata; la lettera era scritta in geroglifico, scrittura sconosciuta a lui, ma capì subito chi l'aveva spedita, perché una lettera scritta in egiziano, non poteva che scriverla l'albero egiziano che si trovava in un vasto prato poco distante da lì. Gigione chiamò repentinamente Vincenzo, che si aggirava tra gli alberi, pensando che potesse aiutarlo e gli diede la lettera; questi, grazie alla pietra magica, aveva anche acquisito il potere di leggere ogni tipo di scrittura, infatti la tradusse subito in italiano.
Il guardiaparco cominciò dunque a leggere la lettera: "Caro Gigione, ti ricordi di me? Sono l'albero egiziano. Volevo chiederti se potevi aiutarmi, perché intorno a me ci sono soltanto alberi morti, mentre io vorrei alberi vivi con cui parlare, giocare e scherzare. Ti prego, aiutami!!!
Il guardiaparco ed il bruco incominciarono a correre, Gigione non riusciva a mantenere il passo di Vincenzo, ma, con il fiatone, insieme giunsero in quell'immenso prato e videro l'albero egiziano che aveva uno sguardo molto triste.
In quel prato, intorno all'albero, non c'erano che alberi morti; i due, spaventati si chiesero cosa fosse accaduto e l'albero egiziano, addolorato, disse loro che non conosceva il motivo che aveva causato quella tragica visione.
Dopo alcune ipotesi, il guardiaparco pensò che non si poteva fare altro che rimboschire quel luogo e l'albero, per aiutarli, disse: "Vicino all'albero, dove vi é arrivata la lettera che ho mandato, ci sono alcuni semi e una zappa; prendeteli, così sarà più facile piantare gli alberi".
I due si incamminarono per raggiungere il posto indicato dal povero albero; giunti sul luogo, cercarono il materiale e trovandolo tornarono da lui.
Si misero al lavoro ma faticosamente e dopo molto tempo il bruco e l'uomo furono contenti del lavoro svolto. Intorno all'albero egizio non c'erano più alberi secchi, ma tente buchette dalle quali presto sarebbero spuntati tanti piccoli alberi. Giunse però il momento di lasciarsi e i due benefattori si salutarono; Vincenzo Magni contento se ne andò con il potere di comunicare con gli animali, il bruco divenne una farfalla, mentre l'albero continuò a vivere e a regnare nel suo prato, anch'esso felice di poter avere tanti fratelli con i quali condividere le gioie e i dolori che Madre Natura offre loro.


Ma che fine avevano fatto i furfanti che avevano preparato la trappola?
La sera successiva Vincenzo tornava dall'ultima ronda serale e sentì strani rumori, come di rottami sbattuti, corse a controllare e vide una macchina che si era aperta una via nel cancello forzandolo; le portiere erano aperte e dalla macchina partiva una scia di impronte. Vincenzo lo seguì, scopri due malviventi che con una sega elettrica si accingevano a tagliare un albero; li riconobbe, erano gli stessi che la sera prima avevano piazzato la trappola. Corse con tutta la forza che gli rimaneva in corpo e andò a chiamare i suoi colleghi, un gruppetto di cinque guardiaparco. Questi videro Vincenzo e gli chiesero cosa fosse successo, e lui, ancora senza fiato e con fioca voce, rispose: "Bracconieri e bene attrezzati!"; così dicendo ripartì ancora di corsa verso il capanno degli attrezzi, gli altri lo seguirono.
Ognuno prese un lungo bastone, si avvicinarono ai malviventi con cautela, e con uno scatto li accerchiarono e li catturano.
Il giorno dopo il guardiaparco Vincenzo Magni venne premiato con una medaglia al valore per avere ripiantato gli alberi e avere catturato i malviventi, durante una manifestazione organizzata dai suoi amici e dal responsabile del Parco.
Vincenzo dopo questa entusiasmante avventura continuò a fare il suo onesto lavoro per molti e molti anni ancora".
Il nonno finì di leggere il libro e ci chiese:" Vi é piaciuta la storia?" - "Si" - rispondemmo in coro.
Così io, il nonno e i bambini andammo a fare una passeggiata per il giardino della grande cascina illuminata dal sole della primavera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La cronaca della rappresentazione teatrale L'invito alla rappresentazione teatrale