Ciao a tutti, ci incontriamo all'ingresso di via Suzzani e voi venite con me.
E' una giornata nuvolosa e freddina: i prati però sono asciutti e ci possiamo sedere in cerchio mentre ci presentiamo e parliamo del Parco.
Molti di voi lo conoscono, per esserci venuti con la scuola o con la famiglia.
Vi racconto com'è nato e le sue caratteristiche.
La prima cosa che vedremo è lo stagno vecchio: chi è già stato qui ricorda che sul fondo dello stagno, per trattenere l'acqua, si trova l'argilla, che gli alberi e le piante acquatiche sono state messe dall'uomo e che invece gli animali sono arrivati da soli.
Anatre, rane, rospi, dietro di noi razzolano alcune gallinelle d'acqua, ma anche un topo! Siamo ai bordi del Parco, ai confini con la città di Milano, d è nrmale che un animale così cittadino venga attirato dal cibo: quello degli orti qui vicino o del pane che qualcuno lascia alle anatre, anche se è vietato!
Così come sarebbe vietato, ma è successo, introdurre animali dall'esterno. In particolare intuite che sitamo parlando di tartarughe e di pesci, portati dall'uomo e molto dannosi per l'ecosistemna stagno: inoltre lo stagno non è il loro ambiente, ed in particolare le tartarughe d'inverno sono costrette ad entrare in un letargo forzato dal quale spesso non si svegliano.
Ci avviciniamo allo stagno per osservarlo meglio.
Da poco sono state tagliate tutte le canne acquatiche: è uno dei lavori di manutenzione per evitare che lo stagno venga poco alla volta riempito dai resti vegetali.
Sull'acqua ci sono ancora delle ninfee, e in trasparenza riuscite a vedere i pesci.
Avvicinandoci due germani e alcune gallinelle d'acqua si allontanano. Vediamo anche una tartaruga, nel canale che serve per alimentare lo stagno. Senza l'acqua che continuamente entra lo stagno si prosciugherebbe, che è l'evoluzione degli stagni naturali.
Percorrendo un intricato sentiero nel bosco esploriamo tutto il perimetro dello stagno, passando tra molti alberi tra cui vi colpisce l'ontano, che ha le sue radici a mollo nell'acqua.
Arriviamo fino al punto da dove eravamo partiti, e dove si trova la "fine" del laghetto, una sorta di tombino da cui esce l'acqua quando è in eccesso.
Ci spostiamo sulla motagnetta.
Qui prima di tutto vi avvicinate al monumento ai caduti, dove pietre e campioni di terra ricordano i morti nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale.
La montagnetta, qualcuno lo sa, è sorta sui residui delle lavorazioni delle fabbriche Falck e Breda.
In queste fabbriche, in forni caldissimi, veniva fuso il ferro: gli scarti di quelle lavorazioni sono ancora sotto i nostri piedi. Ci riesce a trovarli? Sembrano dei resti di lava, un po' porosi o lucidissimi e neri.
Tutti cercate e cercate, ed alla fine, chi più, chi meno, ognuno ha il suo piccolo tesoro.
Finalmente è ora di merenda! e di correre un po' sul prato.
Poi di nuovo in marcia, verso l'utima tappa di oggo: il bosco al di là dal ponte!
Per arrivare attraversiamo il ponte, la zona dei binari della Breda, la scacchiera gigante.
Quando ci fermiamo, vi racconto anche la storia del bosco, e di come gl alberelli erano alti come voi all'inizio. Oggi il bosco è cresciuto, ed è quasi disordinato proprio come un bosco naturale. L'uomo lo cura ancora, tagliando gli alberi e piantumando ogni tanto.
Vi propongo un gioco a squadre: ogni squadra dovrà individuare tre alberi dalla corteccia diversa, farne il calco, trovare nel disegno del calco delle lettere e con queste costruire delle frasi.
Pronti via!
Gli alberi che individuati sono per tutti querce, querce rosse e frassini.
Le lettere a volte sono evidenti, a volte meno,
e le frasi molto fantasiose: w il suino! - lo xilofono giallo in voga - vaso peloso - mai dire mai
A scuola ne penserete altre!
E' ora di tornare. Mi accompagnate in cascina dove vi prendo del materiale sul Parco e poi vi incamminate: grazie, e buon anno!